La immagino bimba, a giocare con le pigne immersa in un bosco. Stefania, ideatrice di Maraconde, è nata e cresciuta vicino alla natura, in Valcamonica. Un amore forte e la cui energia si sente nelle sue creature dei boschi, coloratissimi dischi di legno di recupero, alberi divelti da Vaia nell’ottobre 2018 e burattini realizzati gli scarti della falegnameria del nonno materno.
La formazione artistica
Dopo il diploma accademico in pittura, Stefania ha frequentato per un periodo il mondo dell’arte, che però non risuonava con il suo animo selvatico. Si è avvicinata invece a quella che all’epoca (la prima decade degli anni 2000) era la nascente scena del nuovo artigianato. Prima della pandemia, nei mercatini, ha conosciuto un mondo di artisti – artigiani che, anche con il contributo dei social, riescono a vivere della loro arte.
La nascita di Maraconde e il legno di recupero
Nel 2012 decide così di dar vita a Maraconde, un progetto di artigianato-artistico nato dal desiderio di recuperare il legno dismesso e da una necessità di riconnessione intima con le sue radici e con la Natura.
Nel 2013 crea il primo burattino, realizzato dal legno di recupero dalla falegnameria del nonno. Da allora iniziano ad arrivare le prime richieste per le personalizzazioni e nascono così i “legni di famiglia”: tondi e burattini che ritraggono i membri della famiglia, come fossero piccoli alberi genealogici illustrati. E con famiglia si comprende tutto ciò che la persona che glieli commissiona intende come tale: amiche e amici intimi, animali domestici, luoghi del cuore. Famiglie tradizionali o non convenzionali, l’amore è universale.
Non solo legno di recupero
Maraconde non è solo legno di recupero, ma nelle sue spedizioni ci tiene a riutilizzare anche scatole e imballaggi raccolti da negozianti che non li usano più. L’imballo più sostenibile non è quello nuovo “ecologico”, ma quello che vive molte vite. Stefania recupera anche le applicazioni che aggiunge alle sue creazioni: filati e passamaneria trovati in qualche vecchia merceria e pelle di scarto di legatoria per le orecchie delle sue Maraconde.
Infanzia e adolescenza di Stefania
Stefania cerca di dare la voce agli spiriti della natura, che parlano a chi li vuole ascoltare. Ci chiedono lentezza e rispetto. I suoi lavori nascono da questa ispirazione. Hanno colori molto vivaci, che ricordano la spensieratezza e la gioia della sua infanzia. Ci invitano a recuperare quel senso di magia e di mondi incantati, che gli adulti normalmente non vivono più.
Durante l’adolescenza, invece, Stefania ha vissuto con insofferenza l’isolamento della vita in un piccolo paesino di montagna e la chiusura che si respirava allora in quei luoghi.
A 19 anni, terminato il liceo, è scappata in città alla ricerca di stimoli e per allontanarsi da quell’energia così potente che la natura le comunicava e che all’epoca le faceva paura. Quella stessa forza che è adesso la fonte di ispirazione principale del suo lavoro. È ciò che esce dal legno, a cui lei dà voce, lavorando direttamente su di esso, senza schizzi preparatori.
Stefania non abita più sulle montagne della Val Camonica, ma il richiamo lo sente sempre più forte. Vive in una graziosa casetta in Franciacorta, vicino al lago d’Iseo, assieme al suo compagno fotografo Alberto, 2 gatti e un orto-giardino.
L’origine del nome Maraconde
Dal 2019 Maraconde è diventato ufficialmente il suo unico lavoro. Il nome “Maraconde” nasce dalla risposta di suo padre alla domanda che Stefania bambina gli poneva “Che cosa si mangia oggi?”. Nel loro lessico famigliare significa essenzialmente un “piatto prelibato che non esiste”. Il vuoto di un cibo inesistente Stefania lo riempie di fantasticherie e mondi paralleli, quelli che ci propone attraverso la sua arte.
L’unicità nel legno di recupero
La pandemia per lei è stata nel 2020 un’occasione per stare in silenzio. Non farsi prendere dal panico, ma mettersi in ascolto anche di se stessa. Dare energia alla fiducia nella vita, in un sostegno più alto, che ti permette di osare anche se stai rischiando tutto. Una fiducia che si alimenta, appunto, di silenzi e di concentrazione su di sé e sulla contemplazione della natura, per poi tornare a riaprirsi al mondo ancora più consapevole.
E lei dalla pandemia sta rinascendo più coerente con se stessa e ha deciso di non uniformarsi ad un’estetica dominante solo per poter vendere di più, ma di tener fede al suo farsi tramite degli spiriti della natura, portando nel mondo creature che manifestino la loro unicità.
La Natura ci chiede ascolto
Vaia ha distrutto anche il bosco dove Stefania giocava da bambina. Ricorda ancora il vento fortissimo di quella notte e l’urlo insistente delle fronde degli alberi: un grido d’aiuto della Terra, per tornare a prenderci cura di lei e la responsabilità per le nostre azioni. Stefania trasforma proprio quel legno strappato e crea i suoi “tondi”, messaggeri dell’urgenza di una riconnessione con la Natura e di una rinascita possibile, anche dopo tanto dolore.
Con #donnesconfinate racconto storie di donne che non si lasciano fermare dal confinamento forzato, donne senza confini, che con coraggio portano avanti i loro sogni, spinte da una forte connessione con la natura e/o dal voler ridurre il proprio impatto sulla terra. Vorrei che fossero d’ispirazione a tutt* coloro che sono senza più orizzonte, per un momento di energia positiva.
Progetto realizzato con il sostegno della Provincia autonoma di Bolzano/Alto Adige – Ripartizione Cultura Italiana. Il titolo #donnesconfinate è stato creato da Jordi Apollonia, il mio copy preferito.
Tutte le foto sono realizzate dal fotografo Alberto Mancini e sono di sua proprietà.
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