Elisa Nicoli, comunicatrice ambientale

Articolo realizzato da Matteo Pietraccini.

La parola “aceto” deriva dal latino acetum. Le origini di questa parola sono molteplici, e tutte insieme descrivono sotto diversi punti di vista la sua caratteristica principale: la sua acidità. La radice “Ak-“ significa “essere pungente”, il verbo acere “inacidire”, acer “aguzzo, aspro”, acus “ago”, acies “filo della spada”. È curioso notare che il termine francese “vinaigre” deriva sempre dal latino vinum acre “vino acido”, da cui poi derivano i termini inglese e spagnolo “vinegar” e “vinagre”, rispettivamente. Mi piace pensare che la complessità dell’etimologia del termine italiano riflette molto meglio la complessità che può caratterizzare un aceto.

Che cos’è un aceto?

La legge prevede che un aceto può chiamarsi tale se deriva dalla “fermentazione acetica di liquidi alcolici o zuccherini di origine agricola” e se “presenta […] un’acidità totale […] compresa tra 5 e 12 grammi [di acido acetico] per 100 millilitri ed una quantità di alcol etilico non superiore a 1,5 per cento in volume”. Come sovente accade, la legge definisce i limiti estremi per la definizione di un prodotto, ma all’interno dei quali infinite possibilità non vedono l’ora di essere scoperte.

In generale, un aceto è una soluzione di acqua e acido acetico, con aromi caratteristici, che deriva dalla fermentazione di un liquido contenente zuccheri o alcol o entrambi, e la seguente ossidazione (reazione con l’ossigeno). I microorganismi responsabili di questa trasformazione sono moltissimi, ma i principali sono gli Acetobacter.

Cosa serve per autoprodurre l’aceto in casa?

Gli ingredienti per produrre un aceto sono molto pochi e molto semplici: un substrato, dell’acqua e uno zucchero. Il substrato può essere miele, frutta, vino, birra, verdure, ecc. e costituisce il nutrimento per i microorganismi (presenti sul e nel substrato) nella fase di maturazione dell’aceto, nonchè la fonte di questi microorganismi. Lo zucchero può essere di ogni tipo (di canna, di barbabietola, di cocco, di dattero, miele, melassa, ecc.) e serve per la fase iniziale del processo.   

Se decidete di utilizzare un substrato solido (frutta o verdura), preparate una soluzione al 10% di zucchero (10 g ogni 100 g di acqua), aggiungere il substrato, mettere in un contenitore ben pulito, chiudere con un panno e un elastico e lasciare fermentare per qualche settimana.

Se decidete di utilizzare un substrato liquido (vino, birra, succo di frutta o di verdura), la soluzione al 10% di zucchero sarà da preparare direttamente con il liquido in questione. Anche in questo caso, una volta pronta, mettere in un contenitore ben pulito, chiudere con un panno e un elastico e lasciare fermentare per qualche settimana.

La madre dell’aceto

L’aceto formerà pian piano un ammasso gelatinoso in superficie: la madre dell’aceto. Questo accumulo è formato dai batteri Acetobacter, che hanno bisogno di ossigeno e quindi preferiscono stare a contatto con l’aria. Il processo potrebbe prendere fino a 3 mesi per formarsi la prima volta, quindi abbiate pazienza. Inoltre, molti altri microorganismi indesiderati potrebbero formarsi, come delle muffe. Appena vedete qualcosa di strano, vi consiglio di eliminarlo con un cucchiaino, per evitare che cresca ulteriormente.

Ovviamente, potete chiedere a qualcuno di regalarvi un piccolo pezzettino di madre, il processo sarà molto più veloce. In questo caso, aggiungetelo all’inizio nella soluzione e lasciate maturare.

La madre nell'aceto di more
La madre dell’aceto, nell’aceto di more.

Un grande poteziale no-waste

Per preparare l’aceto è necessario un substrato, ma non deve essere per forza un prodotto “nuovo”, come una mela o un bicchiere di vino, ma può essere anche uno scarto: bucce di frutta e verdura, fondi di barattoli di miele, di bottiglie di vino, fibre uscenti da un estrattore. Sono molti gli scarti alimentari che possono trasformarsi in aceto e, anche se sembra un incantesimo, è solo la magia della spontaneità.

Piccoli consigli

  • Più substrato mettete e più l’aceto risulterà saporito. Tuattavia, non esagerate, altrimenti i batteri faranno fatica a produrre l’acido acetico perchè l’ossigeno farà fatica ad arrivare nel liquido.
  • Il tempo necessario per avere un buon aceto varia a seconda della temperatura e degli ingredienti utilizzati: è preferibile tenere l’aceto lontano da fonti di calore, utilizzare prodotti biologici, non troppo maturi e un’acqua non clorata.
  • Il metodo migliore per sapere se il vostro aceto è pronto è quello di assaggiarne un po’ con un cucchiaino: il sapore dev’essere prima di tutto acido e gli aromi del substrato devono sentirsi distintamente.
    Diversi tipi di aceto
    Tipi diversi di aceto. Da sx a dx: rabarbaro, pesca, vino rosso, more e lamponi.

    2 commenti

    Jada · 11 Dicembre 2020 alle 11:07

    Ciao! Questo sarà sicuramente il mio prossimo esperimento di autoproduzione! Sto pensando cosa potrei avere a disposizione come liquido di base: il succo di arance (spremuto in casa e filtrato) potrebbe funzionare? E una volta “nata” la madre, si toglie e si riusa?

    Matteo Pietraccini · 11 Dicembre 2020 alle 13:28

    Ciao Jada! Il mio unico dubbio è che l’acidità del succo d’arancia rallenti un po’ il processo e che apra le porte a muffe e microorganismi non addetti ai lavori. L’unico moniera per rispondere alla domanda è provare! Magari ti consiglio di provare con il succo di arancia e con qualcosa di “più facile”, come l’aceto di mele. Se venissero entrambi, molto bene. Se venisse solo quello di mele, sarebbe colpa del succo di arance. Se venisse solo quello di arance, sarebbe molto strano. In bocca al lupo!

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